|   Premessa.
            L'arrivo
            sul mercato, a metà 2002, della prima leggera ristilizzazione di
            156 e Sportwagon, è per l'Alfa Romeo l'occasione per lanciare nei
            propri listini una nuova tecnologia motoristica, destinata ad avere
            poi largo seguito. La sigla
            identificativa di questa tecnologia è "JTS" e la
            cilindrata scelta per il suo primo debutto è stata la 2000 cc. La
            sigla JTS sta per "Jet Thrust Stoichiometric" e l'esatta
            comprensione del suo significato non può che passare per alcune
            necessarie considerazioni preliminari.   I motori "lean-burn" (motori a combustione magra).
            Innanzitutto,
            sarà bene ricordare come la miscela aria-carburante nella camera di
            combustione riesca ad accendersi in modo ottimale solo quando le
            particelle di aria e di combustibile si trovano uniformemente
            mescolate tra di loro in una ben precisa proporzione. Tale
            proporzione rappresenta il cosiddetto "rapporto
            stechiometrico" (anche detto "lambda=1"), pari a
            14,7/1 : per la completa combustione di 1 Kg di benzina, quindi,
            sono teoricamente necessari 14,7 Kg di aria. Se, a pari quantità
            d'aria, i contenuti di benzina decrescono, l'accensione diventa
            sempre più problematica; infatti, in una miscela "magra"
            (cioè, una miscela con un eccesso d'aria) e perfettamente omogenea,
            le particelle di combustibile presenti nella camera saranno
            distanziate tra loro e, nei casi estremi, si arriverà al punto che
            la fiamma troverà difficoltà a trasferirsi da un nucleo di fuoco
            all'altro. Questo è il motivo per cui nei motori tradizionali non
            si può smagrire la carburazione oltre certi limiti, pena il
            funzionamento irregolare del propulsore e la marcia a singhiozzo
            dell'auto. Questa regola è stata parzialmente derogata dalla
            nascita dei motori "lean-burn" (di prevalente sviluppo
            giapponese), in grado di assicurare combustioni stabili anche con
            una miscela relativamente magra, cioè con un rapporto
            aria-carburante anche più alto del rassicurante valore
            stechiometrico (14,7/1). La messa a punto di tali motori fu la
            conseguenza delle crisi energetiche degli anni Ottanta e portò ad
            ottenere moderati risparmi di combustibile (10-15%) quando le
            vetture marciavano alle basse e medie utilizzazioni di giri motore e
            di coppie. E' ovvio che nel caso dei motori lean-burn,
            l'imperativo categorico che animò i progettisti giapponesi fu
            sempre quello di evitare la dispersione uniforme della benzina nella
            camera di combustione, studiando soluzioni atte a tenere il più
            possibile ravvicinati i corpuscoli di combustibile. Ciò allo scopo
            di realizzare "localmente" (e in prossimità della
            candela) proporzioni di aria e di benzina prossime al rapporto
            stechiometrico: un po' come creare tante piccole "isole"
            (tra loro separate) di miscela a rapporto stechiometrico. Al di
            fuori di queste zone (o, se preferite, isole), i vapori di benzina
            erano sempre più rarefatti rispetto all'aria e la loro accensione
            poteva avvenire solo a seguito dell'avvio della combustione nelle
            varie "isole" stechiometriche presenti attorno alla
            candela. Era così nata la
            cosiddetta "carica stratificata", per realizzare la quale
            si dovette ricorrere soprattutto a particolari geometrie dei
            condotti di aspirazione. Ed è
            proprio da qui che nasce la comune distinzione tra "motori
            stratificati" (con combustione stratificata) e "motori
            stechiometrici" (con combustione stechiometrica). Da
            sottolineare, però, che quando si parla di "motori
            stratificati", in realtà ci si riferisce a motori che
            presentano una carica stratificata solo in alcune zone del piano
            coppia-giri del motore, cioè le zone basse e medie. Infatti,
            sulla strada, il rendimento dei motori lean-burn era positivo solo
            se il motore veniva impiegato alle basse e medie utilizzazioni. Ciò
            accadeva perché non appena l'acceleratore veniva angolato oltre
            certi valori, le proporzioni della miscela aria-benzina dovevano
            necessariamente essere riportate ai valori tradizionali: in caso
            contrario, vi sarebbero stati grossi rischi per l'integrità del
            motore a causa delle pericolose temperature che, in presenza di
            miscela magra, si sarebbero raggiunte nella camera di combustione. A
            tale scopo, si progettavano i condotti di aspirazione in modo tale
            che all'aria in ingresso al motore fossero impresse turbolenze tali
            da ridurne la portata: il che, appunto, si traduceva in una perdita
            di prestazioni nel funzionamento del motore ai regimi alti e
            medio-alti. Tra l'altro, il
            sistema di alimentazione di questi motori lean-burn era del tipo
            tradizionale, cioè con l'iniettore disposto nel collettore di
            aspirazione: ciò faceva sì che il motore fosse soggetto a
            criticabili condizioni di funzionamento quali il bagnamento delle
            pareti dei collettori e conseguenti situazioni di smagrimento e
            arricchimento della miscela aria/benzina che finivano con
            l'aumentare le emissioni inquinanti e con il peggiorare i consumi. Proprio allo scopo di risolvere questi
            ultimi problemi, si decise di ricorrere all'iniezione diretta,
            spostando la "gettata" del combustibile dal collettore di
            aspirazione alla camera di combustione.   L'iniezione diretta in generale e l'iniezione diretta stratificata.
            In
            generale, i vantaggi derivanti dall'impiego dello schema di
            iniezione diretta sono notevoli. Infatti,
            la benzina viene spruzzata direttamente nella camera di combustione
            e ciò raffredda l'aria più di quanto non avvenga nei propulsori
            tradizionali (in cui, invece, gli abbassamenti di temperatura
            interessano soprattutto i collettori di aspirazione). La carica
            entrante si raffredda e, di conseguenza, aumenta la densità
            dell'aria, con la conseguenza che si incrementa il grado di
            riempimento del motore e, quindi, si hanno apprezzabili aumenti
            prestazionali. Inoltre,
            l'iniezione diretta dà la possibilità di aumentare il rapporto di
            compressione del motore, in quanto la ridotta temperatura della
            camera di combustione allontana il rischio di detonazione (cioè, il
            rischio del cosiddetto "battito in testa"). Tra l'altro,
            tutto questo si traduce in un incremento della pressione media
            effettiva del motore pari a circa il 10%, con una conseguente
            riduzione dei consumi pari a circa il 4-5%. E sempre sul fronte
            dei consumi di carburante, si può aggiungere che qualche ulteriore
            vantaggio deriva dalla possibilità di allungare i rapporti del
            cambio in proporzione all'incremento di coppia ottenuto rispetto ad
            una corrispondente versione a iniezione indiretta. In definitiva,
            l'iniezione diretta è in grado di garantire maggiore potenza e
            minori consumi. In più, la tempestività dell'arrivo del
            combustibile nella camera di combustione si traduce anche in una
            maggiore prontezza di risposta del motore. Ma
            in realtà, l'incremento prestazionale (potenza, coppia e prontezza
            di risposta) garantito dall'iniezione diretta viene notevolmente
            attenuato se ad essa viene affiancato l'uso del sistema della carica
            stratificata (soluzione adottata dai progettisti giapponesi). Infatti, la necessità di imprimere
            all'aria aspirata dal motore le turbolenze utili a ridurre la
            portata dell'aria stessa (ed evitare così il grave rischio che lo
            smagrimento della miscela si protragga anche ai regimi alti e
            medio-alti) e a irreggimentare i movimenti delle particelle di
            combustibile, si traduceva in un decremento prestazionale: alla
            fine, la sensazione di brillantezza dei motori a iniezione diretta
            stratificata era inferiore a quella dei tradizionali propulsori ad
            iniezione indiretta stechiometrica.   L'anima del 2.0 JTS.
            Proprio
            tenendo conto di tutto ciò, i tecnici Alfa decidono di
            intraprendere una strada differente dai loro omologhi giapponesi,
            scegliendo di scartare sin dall'inizio l'ipotesi dell'adozione di
            una iniezione diretta stratificata (la quale avrebbe sì portato ad
            una riduzione dei consumi ma anche ad un notevole decremento
            prestazionale in termini di potenza, coppia e prontezza del
            propulsore) e optando per la messa a punto di una iniezione diretta
            prevalentemente stechiometrica, cioè funzionante prevalentemente
            con carica omogenea (nel senso di "non stratificata") e
            miscele stechiometriche (cioè, miscele con rapporto aria-benzina
            pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ma andiamo per
            ordine. La cilindrata prescelta
            per il primo JTS dell'Alfa è sempre la 1970 cc dei precedenti
            motori Twin Spark 2000 cc impiegati dalla Casa. Per
            realizzare l'iniezione diretta, i tecnici si trovano costretti a
            progettare una nuova testa cilindri, nuovi stantuffi, nuovi
            alberi a camme e un nuovo impianto di scarico, oltre a tanti altri
            particolari secondari.   
              
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        Il risultato è un propulsore che può
        usufruire di un rapporto di compressione 11,25:1. Anche le fasature
        della distribuzione sono inedite, sia per quanto riguarda le alzate che
        per quanto riguarda gli incroci. Ovviamente,
        però, la principale novità consiste proprio nel sistema di
        alimentazione. Infatti, nei
        tradizionali motori ad iniezione indiretta (cosiddetti "PFI",
        Port-Fuel-Injection), la benzina è spruzzata nel collettore di
        alimentazione aria: quindi, in questi propulsori il combustibile viene
        iniettato all'esterno della camera di combustione e le pompe elettriche
        di alimentazione sono chiamate a fornire una pressione massima di 3,5
        bar contro i 100 bar e oltre occorrenti invece per i motori ad iniezione
        diretta (cosiddetti "GDI", Gasoline Direct Injection), in cui
        il combustibile viene iniettato direttamente all'interno della camera di
        combustione. Nell'immagine che segue, è possibile osservare l'iniettore
        laterale, le quattro valvole, la candela centrale e lo stantuffo del 2.0
        JTS.
             
         
             
              
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        L'adozione dell'iniezione diretta
        stechiometrica permette all'Alfa di migliorare notevolmente le
        prestazioni del già valido 2.0 Twin Spark, consentendo di raggiungere
        la potenza massima di 165 cv al regime di 6400 giri/minuto, con un
        incremento (rispetto al 2.0 TS) del 10% sulle potenze massime: un
        incremento che, in pratica, si può fare corrispondere ad un aumento di
        cilindrata di 300 cc circa del motore base. Ma ancora più interessanti
        sono le prestazioni ai bassi regimi, in quanto il 2.0 JTS è in grado di
        sviluppare una coppia massima di 201 Nm a soli 3250 giri/minuto contro i
        181 Nm del 2000 TS che, tra l'altro, li eroga a 4200 giri/minuto. Ebbene, al momento del debutto, la
        considerazione che qualche motore di tipo corsaiolo della concorrenza
        ottiene la prestazione massima a regimi ben superiori ai 7000
        giri/minuto porta a classificare questo 2 litri Alfa Romeo come il 4
        cilindri aspirato più potente del mondo per la sua potenza specifica
        massima di 61 Kw per litro di cilindrata ottenuta poco sopra i 6000
        giri/minuto. Esaminando da vicino la testa cilindri, è possibile
        notare come ogni condotto di aspirazione si sviluppi in modo
        praticamente rettilineo e in modo molto inclinato rispetto ad un piano
        orizzontale.
             
         
             
              
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             Viene
            in questo modo ad essere favorito il riempimento del cilindro, con
            un conseguente riscontro positivo sul rendimento e sulle prestazioni
            complessive del propulsore.   L'iniezione diretta semi-stratificata del 2.0 JTS.
            Per
            comprendere a fondo l'ottimo lavoro svolto dai tecnici del Biscione,
            non si può trascurare un altro importante aspetto del motore 2.0
            JTS. Sarà però opportuno fare
            una fondamentale premessa. Ridurre
            sino ai limiti di legge le emissioni inquinanti di un motore
            funzionante con miscele magre e carica stratificata (motori
            lean-burn) è una questione molto complessa. In tali motori,
            infatti, la classica marmitta catalitica a tre vie o trivalente
            (definita in questi due modi perché consente di eliminare tre
            sostanze inquinanti: CO, HC e NOx) non è in grado di
            abbattere a sufficienza gli ossidi di azoto (NOx), a
            causa del fatto che la sua funzionalità diminuisce quando il
            rapporto aria/benzina si allontana dal rapporto stechiometrico
            (14,7/1). Il problema della purificazione degli ossidi di azoto
            dai motori a combustione magra (lean-burn), allora, è stato
            affrontato dalle case automobilistiche giapponesi (in cui,
            ricordiamo, il motori lean-burn sono stati inizialmente messi a
            punto) con l'impiego di marmitte catalitiche (cosiddette "DeNOx")
            capaci di assorbire anche gli ossidi di azoto (NOx). Tale soluzione non ha creato
            particolari problemi in Giappone, ma così non è stato né in
            Europa né in Nord America. Infatti, le benzine qui utilizzate
            contengono anche zolfo, il quale ha l'effetto di incidere
            negativamente sulla resa dei catalizzatori DeNOx. La loro
            efficienza potrebbe essere in realtà ripristinata arricchendo
            temporaneamente la miscela aria/benzina (mediante un aumento della
            percentuale di benzina), ma ciò andrebbe inevitabilmente a scapito
            dei consumi, annullando di fatto i vantaggi dell'adozione della
            carica stratificata (la quale, appunto, ha come proprio obiettivo
            non maggiori prestazioni ma minori consumi). Ebbene,
            come già accennato, il motore Alfa Romeo 2.0 JTS funziona
            prevalentemente con carica omogenea (nel senso di "non
            stratificata") e miscele stechiometriche (cioè, miscele con
            rapporto aria-benzina pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ora,
            se da una parte è vero che proprio questa caratteristica rende
            possibile ottenere una buona conversione di tutte le sostanze
            inquinanti (NOx compresi!) anche attraverso le normali
            marmitte catalitiche trivalenti e senza la necessità di ricorrere
            alle fin troppo delicate marmitte catalitiche DeNOx, è
            però altrettanto vero che in sede di messa a punto del propulsore
            era apparsa chiara la impossibilità (utilizzando i normali
            catalizzatori trivalenti) di abbattere gli ossidi di azoto (NOx)
            sino ai bassissimi valori richiesti dalla normativa europea
            anti-inquinamento Euro4 in vigore dal 2006. Per
            far fronte a questo problema, si è reso allora necessario ricorrere
            al ricircolo dei gas di scarico, ottenuto mediante un semplice
            sistema dal costo praticamente nullo e basato sul rientro
            (realizzando un incrocio distribuzione di una certa entità) nella
            camera di combustione di una certa percentuale di gas combusti. Si è così attuata la cosiddetta IGR
            (Internal Gas Recirculation), ben diversa dalla più famosa e
            diffusa EGR (External Gas Recirculation). Nel
            caso della tecnica IGR, il gas viene riciclato in aspirazione
            prelevandolo dal collettore di scarico. Questa soluzione, però, pur
            risolvendo il problema delle emissioni di ossidi di azoto (NOx),
            provoca gravi disturbi sulla regolarità del motore ai bassi regimi
            perché il gas introdotto in camera dà origine ad una miscela magra
            che genera mancate accensioni. Ebbene,
            per eliminare questo problema, anche ai tecnici Alfa non restava che
            ricorrere alla tecnica della stratificazione, raccogliendo così le
            molecole di combustibile sparse nella camera e concentrandole nelle
            vicinanze della candela. Nel caso del 2.0 JTS, la
            stratificazione è stata ottenuta ritardando l'iniezione del
            combustibile, il quale viene spruzzato dentro una piccola conca
            (visibile nell'immagine sotto riportata) che è ricavata sulla testa
            dello stantuffo e che ha la funzione di deviare la benzina verso la
            candela. 
         
             
              
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        Ma è proprio a questo punto che arriva la
        fondamentale novità del motore 2.0 JTS: l'utilizzazione della tecnica
        della stratificazione della miscela aria/benzina solo ai bassissimi
        regimi (cioè, solo al di sotto dei 1500 giri/minuto). Come è
        possibile osservare nella figura sottostante, infatti, il piano
        coppia-giri può essere facilmente suddiviso in tre zone: una prima
        ridottissima zona di miscela stratificata, una seconda vasta zona con
        alimentazione stechiometrica e, infine, la zona delle massime coppie in
        cui la miscela viene tenuta ricca.
             
         
             
              
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             Inoltre,
            va sottolineato che il 2.0 JTS non utilizza dispendiosi quanto
            delicati sistemi di post-trattamento degli ossidi di azoto e che il
            ricircolo dei gas di scarico avviene a costo nullo poiché si
            realizza con un adeguato incrocio degli alberi a camme, ottenuto con
            lo stesso variatore di fase (lato aspirazione) già parte del
            precedente motore 2.0 Twin Spark. Per completezza, ricordiamo che la
            fase stratificata si avvale di un incrocio di 52° e di un rapporto
            aria/benzina prossimo a 21. Ebbene, il particolarissimo
            funzionamento dell'Alfa Romeo JTS fa sì che esso non possa essere
            collocato nella categoria dei motori puramente stechiometrici né
            (vista la piccola zona di lavoro con miscele magre) in quella dei
            motori stratificati. Appare quindi coerente la definizione di
            "motore semi-stratificato".     Conclusioni.
            Abbiamo accennato alle riduzioni del consumo di
            carburante conseguenti all'adozione dell'iniezione diretta,
            riferendoci all'ipotesi di una iniezione diretta di tipo
            tradizionale, intendendo per "tradizionale" l'iniezione
            diretta stechiometrica (cioè, lo ricordiamo, funzionante con carica
            omogenea, nel senso di "non stratificata", e miscele con
            rapporto aria-benzina pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ebbene, all'alto rapporto di
            compressione adottato nel 2.0 JTS, al ricircolo dei gas di scarico e
            ai vantaggi del non bagnamento delle pareti dei collettori di
            alimentazione nei transitori, si aggiungono i piccoli ma non
            trascurabili vantaggi di consumo che si ottengono nella fase
            stratificata. In questo contesto, c'è poi da dire che l'Alfa, allo
            scopo di ottenere ancora più briosità ed elasticità rispetto al
            già ottimo Twin Spark, ha ritenuto col 2.0 JTS di non dover
            allungare i rapporti di trasmissione, con l'apprezzabile risultato
            di un buon 15% di superiorità nella ripresa da 80 a 120 km/h. Un ultimo (ma non per importanza)
            aspetto che della progettazione di questo nuovo propulsore va
            sottolineato riguarda le scelte fatte in tema di numero e
            collocazione dei catalizzatori. E' infatti questo un fattore che
            incide non poco sulla resa prestazionale complessiva della vettura. L'immagine sottostante raffigura la
            disposizione scelta per i motori Twin Spark. 
         
             
              
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        Si notano due pre-catalizzatori collocati
        nel collettore di scarico appena a valle delle giunzioni 1-4 e 2-3;
        immediatamente dopo vi sono le due tubazioni finali del collettore che a
        loro volta confluiscono nel nodo di giunzione finale. Sul condotto
        finale è poi collocato il catalizzatore principale. Ebbene,
        nella fase di progetto e messa a punto del 2.0 JTS, i tecnici Alfa hanno
        mutato lo schema adottato sui motori Twin Spark. Una
        prima possibile strada era quella di sostituire i due pre-catalizzatori
        con due catalizzatori di adeguate dimensioni, soluzione che consentiva
        di eliminare il catalizzatore posizionato sul condotto finale.
             
         
             
         
             
        Una seconda strada poteva poi consistere
        nel far convergere i quattro collettori di scarico in un unico punto in
        cui era disposto un grosso catalizzatore.
             
         
             
              
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        Questa seconda possibilità è sicuramente
        la più efficiente sul piano delle emissioni inquinanti (il
        catalizzatore, infatti, grazie alle minori masse in gioco, riscalda
        prima e raggiunge più rapidamente la propria temperatura di esercizio)
        ed è anche il meno costoso (grazie alla semplicità dell'impianto).
        Tuttavia, l'adozione di questo secondo schema (generalmente conosciuto
        come "4 in 1") viene subito scartata dall'Alfa Romeo per via
        del decadimento prestazionale che inevitabilmente una scelta del genere
        avrebbe comportato: infatti, si sarebbe avuto un non ottimale
        sfruttamento dell'effetto estrattivo della colonna dei gas combusti, i
        quali, così, avrebbero teso a ritornare dentro i vari cilindri e a non
        favorire il riempimento delle camere di combustione. Una soluzione del
        genere avrebbe potuto essere adottata solo nel caso in cui il punto di
        unione dei quattro collettori di scarico fosse stato ulteriormente
        distanziato dalla testa, al fine di impedire alle onde di sovrapressione
        di giungere ai cilindri quando l'incrocio della distribuzione tiene
        contemporaneamente aperte le valvole di aspirazione e le valvole di
        scarico. Ma, problemi di ingombro a parte, l'allontanamento del
        catalizzatore dalla testa avrebbe compromesso il contenimento delle
        emissioni inquinanti (a causa del maggior tempo che sarebbe stato
        necessario al catalizzatore per raggiungere la propria temperatura di
        esercizio). Alla fine, dunque, la
        scelta finale è quella di seguire la prima strada, con il collocamento
        di due catalizzatori ceramici (dal volume totale di 2 litri circa)
        subito a valle delle giunzioni 1-4 e 2-3.
             
         
             
              
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             In
            pratica, si tratta dello stesso ottimo schema (conosciuto come
            "4 in 2 in 1") adottato anche sui Twin Spark, uno schema
            che rappresenta sempre la scelta ottimale per l'ottenimento delle
            migliori prestazioni del propulsore nei regimi medio-bassi (a tutto
            vantaggio di coppia ed elasticità). Ma in più, rispetto ai
            Twin Spark, il 2.0 JTS può contare su una maggiore permeabilità al
            passaggio dei gas combusti, grazie alla mancanza del catalizzatore
            collocato sul condotto finale: al posto di questo catalizzatore,
            infatti, è stato montato un classico silenziatore dalle
            contropressioni nettamente inferiori. Nella zona coppia-giri a
            funzionamento stratificato (cioè, al di sotto dei 1500
            giri/minuto), i catalizzatori del JTS svolgono essenzialmente una
            funzione ossidante degli idrocarburi incombusti (HC) e dell'ossido
            di carbonio (CO), essendo affidato all'IGR (cioè, il ricircolo dei
            gas di scarico) il compito di combattere la formazione degli ossidi
            di azoto (NOx).  In
            definitiva, la tecnologia JTS si presenta sin da subito al mercato
            come una degna erede della gloriosa architettura Twin Spark: una
            innovazione nel solco della tradizione. E questa è stata
            l'impressione anche di tutti i partecipanti al Congresso Tecnico
            tenutosi nell'autunno del 2001 ad Aachen (Germania), l'occasione in
            cui i tecnici Alfa Romeo presentarono per la prima volta il loro
            nuovo gioiello. Concludiamo
            con la scheda tecnica del motore 2.0 JTS. 
              
                N°
                cilindri: 4 in linea, 2 alberi controrotanti di equilibratura
                Posizione:
                anteriore trasversale
                Ciclo-tempi:
                otto, 4
                Alesaggio
                e corsa: 83 x 91 mm
                Cilindrata:
                1970 cc
                Rapporto
                di compressione: 11,3:1
                Potenza
                max: 165 cv (121 Kw)
                Regime
                potenza massima: 6400 giri/minuto
                Coppia
                max: 206 Nm (21 Kgm)
                Regime
                di coppia max: 3250 giri/minuto
                Carburante
                richiesto: benzina senza Pb (RON 95)
                Normativa
                anti-inquinamento rispettata: Euro 4
                Interasse
                cilindri: 90 mm
                N°
                supporti albero motore: 5
                Basamento:
                in ghisa lamellare
                Testa
                cilindri: in alluminio bonificato, con pompa acqua integrata e
                collettore a geometria variabile in plastica
                N°
                valvole per cilindro: 4
                Posizione
                valvole: a V (47°)
                Distribuzione:
                2 alberi a camme in testa, con punterie idrauliche e variatore
                di fase elettroidraulico calettato sull'albero a camme di
                distribuzione comandato da centralina Bosch
                Comando
                distribuzione: cinghia dentata
                Aspirazione
                - inizio fase incrociata: 32° prima del Punto Morto Superiore
                Aspirazione
                - fine fase incrociata: 27° dopo il Punto Morto Inferiore
                Aspirazione
                - inizio fase ritardata: 7° dopo il Punto Morto Superiore
                Aspirazione
                - fine fase ritardata: 52° dopo il Punto Morto Inferiore
                Alzata
                di controllo: 0,45 mm
                Inizio
                scarico: 41° prima del Punto Morto Inferiore
                Fine
                scarico: 13° dopo il Punto Morto Superiore
                Alzata
                di controllo: 0,45 mm
                Regolazione
                gioco valvole: automatica, con punterie idrauliche
                Tipo
                di accensione: statica, a controllo elettronico digitale
                integrata con l'iniezione, sensore di detonazione, con 4 bobine
                AT alloggiate nella testa, 1 candela per cilindro
                Ordine
                di accensione: 1-3-4-2
                Pompa
                benzina: elettrica, su motore (returnless), alta pressione
                Iniezione:
                elettronica sequenziale fasata MPI Bosch MED 7.1.1, con
                controllo selettivo della detonazione
                Filtro
                aria: a secco, con cartuccia
                Controllo
                emissioni: catalizzatori di tipo "cascade" (precatalizzatore
                + catalizzatore) su primari di scarico + 4 sonde lambda
                Tipo
                lubrificazione: forzata con pompa ad ingranaggi, scambiatore
                acqua/olio
                Filtro
                olio: a cartuccia
                Tipo
                raffreddamento: a liquido, con circolazione forzata mediante
                pompa centrifuga e circuito sigillato; radiatore e serbatoio
                supplementare di espansione
                Regolazione
                raffreddamento: con termostato
                Ventilatore
                raffreddamento: elettrico, con inserzione regolata dalla
                centralina di iniezione
                Curve
                di potenza (Kw) e coppia (Nm): 
              
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        Materiale tratto da AUTOTECNICA 
             
         
             
         
             
        dicembre 2003
        
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