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  s o v r a l i m e n t a z i o n e :   e v o l u z i o n e   e   p r o s p e t t i v e

 

 

articoli connessi: la sovralimentazione, il motore alfa romeo 1750 tbi 

 

Un passato che ritorna. Dicevi turbobenzina e subito pensavi potenza. Una volta era così, nell'epoca dei turbo brutali e delle berlinette leggere e pepatissime su cui fantasticavano i giovani degli anni Ottanta. Poi, per un po' di tempo, la sovralimentazione nei motori a benzina è stata spinta ai margini della scena (e del mercato), ritagliandosi sì una sua nicchia ma senza più spopolare come in quegli anni pioneristici in cui le turbine approdarono anche in Formula 1. Sino a quando, un bel giorno, ciò che era uscito dalla porta è rientrato dalla finestra, spinto da esigenze diverse, rispondendo a necessità differenti. Turbo e potenza non più un binomio necessario, anche perché a partire dagli anni Novanta la potenza si è riusciti a tirarla fuori pure da propulsori aspirati sempre più evoluti, capaci di vivere a regimi di rotazione elevati e - dato non indifferente - decisamente più godibili e regolari rispetto ai sovralimentati. Tutto bene, fino a quando l'incremento esponenziale dei pesi delle auto e le sempre più asfissianti normative ambientali non hanno fatto tirar fuori dalla soffitta proprio quella sovralimentazione che da tempo era stata quasi accantonata. Ma se è vero che di sovralimentazione si tratta, non è altrettanto vero che si tratti della stessa sovralimentazione: oggi il binomio necessario non è più turbo-potenza, ma turbo-coppia. Mentre anni fa il ricorso alla sovralimentazione era generato dalla necessità di raggiungere prestazioni elevate agli alti regimi, oggi l'obiettivo è più semplicemente quello di ottenere miglioramenti ai regimi intermedi, lasciando pressoché invariata la potenza massima.

 

Downsizing e nuove opportunità. Gli anni passano, il turbo cambia. In tutti i sensi. Anche in questo campo, oggi è il downsizing a farla da padrona: le alette dal profilo aerodinamicamente più evoluto, la capacità di garantire una maggiore portata e pressione d'aria, il flusso dei gas di scarico che investe le palette della turbina in modo non solo radiale ma anche assiale (mixed flow), l'inerzia ridotta al minimo grazie all'impiego di materiali più leggeri come leghe di titanio e alluminio... Sono tutti fattori che fanno invecchiare quelle certezze che fino a qualche anno fa ti assalivano quando parlavi di sovralimentazione: il principio secondo cui un turbo di grande diametro immette più aria agli alti regimi con la controindicazione di una minore efficienza nella zona bassa del contagiri e di una inerzia più elevata che si traduce in una maggiore lentezza nel salire di giri, è oggi ancora vero, ma non più così tanto vero come venti o trenta anni fa. Allo stesso modo, l'incapacità di un turbo di minori dimensioni di garantire elevate prestazioni agli alti regimi in cambio però di una maggiore prontezza di risposta e di una coppia più vigorosa ai regimi bassi e intermedi non è più un dogma intoccabile. Fino a qualche anno fa, la sicurezza di tali principi spingeva ad affrontare (e a risolvere) questi problemi attraverso l'abbinamento di due turbo di dimensioni differenti. Oggi, le innovazioni in termini di materiali e di gestione del flusso dei gas di scarico hanno rimescolato le carte, consentendo di arrivare a compromessi ed equilibri un tempo inimmaginabili. Per non parlare, poi, delle strade ancora poco battute ma senza dubbio percorribili: è il caso dei turbo con sistema Vtes, vale a dire turbo dotati di assistenza elettrica, azionati da un velocissimo motorino elettrico capace di accelerarli rapidamente sino a velocità nell'ordine di 70.000 giri al minuto, azzerando così il ritardo di risposta ai bassi regimi. Questo sistema prevede comunque l'impiego di un secondo turbocompressore azionato in modo tradizionale dai gas di scarico e che subentri quando quello elettrico sia arrivato al proprio regime massimo, ma non si può affatto escludere che si arrivi, prima o poi, all'impiego di un unico turbocompressore capace di abbinare sul suo albero sia il turbo mosso dai gas di scarico sia un motorino elettrico potente almeno 1,5 kW.

 

Twin scroll e scavenging. Ma se quando si parla di Vtes è ancora doveroso usare il tempo futuro, nel caso di altri sistemi è bene usare il presente. Oggi, per esempio, è soprattutto tempo di turbo twin scroll, capaci di massimizzare lo sfruttamento dell'energia dei gas di scarico attraverso l'impiego di due collettori indipendenti per l'ingresso nella turbina: ciascuno di questi due collettori convoglia i gas combusti di due dei quattro cilindri del motore, in modo tale da sfruttare le loro pulsazioni di pressione. E, nel caso dell'Alfa Romeo, è anche tempo di scavenging, un sistema per ottimizzare la sovralimentazione attraverso il lavaggio ad aria delle camere di combustione: nel caso del motore 1750 TBi, l'uso di due variatori di fase (uno all'aspirazione e uno allo scarico) viene sfruttato per raggiungere angoli di incrocio (il tempo in cui le valvole di aspirazione e quelle di scarico restano aperte contemporaneamente) così elevati ai bassi regimi da consentire ad una parte dell'aria aspirata (non miscelata alla benzina, perché l'iniezione è diretta) di fluire dal condotto di aspirazione a quello di scarico, aumentando così la quantità di gas che giunge al turbo che, in questo modo, sale di giri più rapidamente. Prestazioni, consumi e risposta del turbo ringraziano.

 

il motore alfa romeo 1750 tbi

 

Criticità. Però non è tutto qui. Sovralimentazione vuol dire anche maggiore complessità costruttiva e costi di produzione maggiori, questi ultimi bilanciati, però, dalla possibilità di coprire con un'unica cilindrata una intera gamma di motori aspirati. Ma, soprattutto, nonostante tutte le evoluzioni e gli affinamenti tecnici (e, in parte, proprio per questo!), sovralimentazione vuol dire ancora oggi maggiore rischio affidabilità. Innanzitutto, quando si parla di componenti che, a seconda delle dimensioni, possono raggiungere tra i 150.000 e i 250.000 giri al minuto, l'equilibratura in sede di produzione richiede una precisione assoluta. Fondamentale è poi la lubrificazione, soprattutto nel caso dei turbodiesel, nei quali - al contrario di quanto accade nei motori a benzina - la parte dei cuscinetti del turbo non è quasi mai raffreddata ad acqua. E persino il diffondersi imperioso dei sistemi Start&Stop ha delle implicazioni che mettono a dura prova la resistenza del turbo, visto che le continue fasi di accensione e spegnimento provocano picchi di temperatura che sono deleteri per la zona delle bronzine su cui ruota l'alberino: in pratica, il rischio sempre presente è quello che il calore possa carbonizzare l'olio, causando danni (per deficit di lubrificazione) alle stesse bronzine. Insomma, pur con alti livelli di sofisticazione e precisione, un turbocompressore resta sempre un elemento complesso, fatto di tanti piccoli componenti sempre soggetti a sollecitazioni estreme, usure elevate e intensi attriti. E, a volte, tutto questo può anche arrivare a presentare il conto, che è un conto salato.

 

Note caratteristiche e vantaggi. Ma se, nonostante ciò, la sovralimentazione mediante turbocompressore è diventata dalla fine degli anni Ottanta una presenza scontata nei motori a ciclo Diesel e ha poi iniziato a diffondersi in modo massiccio e sistematico pure nei motori a ciclo Otto, un motivo ovviamente c'è. I turbodiesel, rispetto ai diesel aspirati, garantiscono maggiori prestazioni, consumi più bassi (in rapporto alle prestazioni offerte), gas di scarico più puliti. Nel caso dei turbobenzina, invece, il diffondersi del turbo ha ragioni più complesse e articolate. Il punto di partenza è sempre quello: immettere più aria nei cilindri vuol dire anche poter bruciare più carburante e, quindi, incrementare le prestazioni. Nei motori aspirati, in cui l'aria viene risucchiata grazie alla corsa discendente effettuata dai pistoni, la soluzione per garantire una maggiore immissione d'aria nelle camere di combustione consiste nell'aumentare il regime di rotazione: a parità di tempo, più cicli il motore riuscirà a compiere, più elevata sarà la potenza che esso saprà erogare. Nei motori sovralimentati, invece, proprio il vincolo dell'incremento del numero di giri viene meno: la quantità d'aria immessa riesce ad aumentare anche mantenendo invariato il numero di giri del motore, perché a spingere in modo forzato l'aria nelle camere di combustione ci pensa appunto un compressore che può essere di due tipi: può trattarsi di un turbocompressore oppure di un compressore meccanico. Nonostante la sua presenza all'interno dello scarico non rappresenti certo una cosa positiva (perché ha l'effetto di un parziale tappo che genera una pressione contraria), la via del turbocompressore è sicuramente la più vantaggiosa, perché l'energia necessaria per far muovere la turbina è fornita dagli stessi gas di scarico che altrimenti andrebbero completamente sprecati: infatti, sono proprio i gas di scarico del motore che azionano la turbina. Al contrario, il compressore meccanico viene azionato dal propulsore attraverso una cinghia, con la naturale controindicazione che l'energia necessaria viene fornita dall'albero motore: insomma, si tratta di potenza sottratta al motore (fino anche a 20 kW), potenza per produrre la quale è stata bruciata benzina. 

 

Un carattere diverso. In ogni caso, il vantaggio finale è quello di generare una maggiore coppia che, usata ai medi regimi per ridurre la cilindrata, per ridurre i rapporti di trasmissione e senza la pretesa di esagerare nell'incremento delle prestazioni, consente di diminuire i consumi rispetto ai motori aspirati di pari potenza massima, costretti a girare a regimi più elevati per "ingurgitare" la quantità d'aria necessaria a bruciare quantità adeguate di benzina. Certo, buona parte del piacere di guida e del gusto di sentire vivere un motore che è capace di raggiungere alti regimi di rotazione va irrimediabilmente perso, ma il passo diventa inevitabile di fronte alla necessità (anche allo scopo di rispettare normative ambientali sempre più stringenti) di contenere consumi ed emissioni inquinanti di auto che - dettaglio assolutamente non trascurabile - a volte raggiungono pesi folli e necessitano di coppie sempre più corpose per non mostrarsi pigre ai regimi intermedi. Ovvio, poi, che neanche nel caso dei motori sovralimentati sono tutti rose e fiori: è vero che la maggiore disponibilità di coppia ai medi regimi consente di ridurre cilindrate e di allungare i rapporti di trasmissione, permettendo alla fine di tagliare i consumi. E' però altrettanto vero che, se il propulsore è troppo piccolo rispetto al peso della vettura (cosa niente affatto rara in questa epoca di downsizing), i consumi reali finiscono con l'essere nettamente più elevati di quelli omologati e dichiarati dalle case costruttrici: i motori a benzina sovralimentati consumano meno dei motori a benzina aspirati solo se non vengono sollecitati troppo, cioè se si guida in modo da sfruttare la maggior coppia disponibile ai regimi intermedi; se invece si cede alla tentazione di veder oscillare la lancetta nella zona alta del contagiri, sono dolori: in tali condizioni, infatti, per non far salire in modo eccessivo la temperatura di combustione, diventa necessario iniettare moltissimo carburante. Insomma, mentre i vecchi turbo erano sinonimo di potenza, il turbo in salsa moderna aiuta soprattutto a limare consumi ed emissioni inquinanti, a patto però che l'appassionato non chieda più loro di regalargli le emozioni e l'adrenalina che solo un motore aspirato che gira in alto riesce a dare.

 

    

 

novembre 2011

 

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